“Verdure e frutta proprio non li conosce”, “Il latte proprio non gli piaceva… ne ho provato tanti”, “Mangia solo tutto frullato”… questi e tanti altri problemi affliggono molti genitori all’ora dei pasti.

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Proviamo a capire cosa spinge i bambini a essere così diffidenti a mangiare alcuni alimenti.

Il bambino che tende a mangiare solo alcuni alimenti e rifiutare altri viene chiamato “bambino resistente” e quello che bisogna analizzare è se questa “selettività” alimentare è dovuta a un disturbo alimentare oppure è un periodo transitorio.

In linea generale possiamo dire che durante lo sviluppo, si possono sviluppare due modalità di reazione riguardo le scelte alimentari:

  • Neofobia
  • Selettività

Nel caso della selettività, ossia la drastica riduzione nella varietà di alimenti quotidianamente assunti, il bambino può limitarsi ad assumere 3-4 alimenti che spesso devono essere preparati in maniera “rituale” dai genitori. Gli alimenti scelti possono essere gli stessi per lungo tempo o cambiare spesso, costringendo i genitori a preparare più volte i pasti. La selettività ha un’incidenza maggiore nella prima infanzia (13% a 2 anni – 3% a 6 anni) per arrivare a una durata del 47% nei bambini di età maggiore di 2 anni con tendenza alla cronicizzazione.

Dai dati che sono emersi sulla selettività alimentare in età pediatrica è emerso che i bambini selettivi hanno in comune:

  • Minore peso alla nascita
  • Minore BMI, sottopeso a 4 anni
  • Basso status socioeconomico della famiglia e di istruzione dei genitori
  • Madri più permissive nel consumo di cibi palatabili ma non salutari
  • Minore consumo di vegetali, carne, pesce, prodotti integrali
  • Maggiore consumo di prodotti caseari, cereali raffinati, prodotti confezionati e snack salati

Questi bambini accettano di mangiare solo alcuni alimenti (non più di 2 o 3), rifiutando in particolare le verdure, rifiutano di provare nuovi cibi e alimenti già assaggiati in passato, presentano forti preferenze di gusto e rifiutano alimenti caratterizzati da una certa consistenza.

Inoltre i bambini selettivi vogliono una preparazione e presentazione speciale dei piatti e sono particolarmente lenti nel mangiare e spesso manifestano una comorbilità per disturbi d’ansia.

La neofobia alimentare, invece, è una reazione di rifiuto con disgusto/paura di assaggiare un cibo nuovo. Raggiunge il picco tra i 2 e I 4 anni. Ha un significato evoluzionistico di “cautela” difronte a ciò che è nuovo e potenzialmente pericoloso.

Il bambino neofobico:

  • Rifiuta di assaggiare alimenti nuovi
  • Basa il rifiuto su caratteristiche visive (un vegetale verde)
  • Rifiuta l’alimento senza che il cibo venga assaggiato
  • Non è necessariamente un bambino selettivo
  • Su 600 bambini tra i 2 e i 6 anni, la neofobia è stata significativamente correlata al mancato consumo di frutta, verdura e carne, ma essa non incide sul consumo di biscotti, prodotti caseari, cibi amidacei e dolci.

Sia per quanto riguarda la selettività sia per la neofobia la pressione e l’ansia del genitore peggiorano il problema. Il periodo prima dei 2 anni risulta privilegiato per l’introduzione di una gran varietà di alimenti, perché fino ai 18 mesi sono più propensi ad accettarli. Ma soprattutto ogni bambino è diverso.

I rischi per la salute sono:

  • Minore in take calorico
  • Sostituzione dei cibi rifiutati con altri ad elevato contenuto calorico, di zuccheri e grassi
  • Carenza di nutrienti chiave (Vitamina E, Vitamina C, Folati, Fibra, Proteine)
  • Aumento del consumo di carboidrati

Il comportamento alimentare de bambino dipende da vari fattori:

  • Componenti innate
  • Componenti ambientali
  • Interazioni madre – bambino
  • Temperamento e comportamento bambino

Ai quali vanno aggiunti fattori innati come evitare cibi amari, dolci, acidi.

I bambini allattati al seno, esposti a una varietà maggiore di stimoli sensoriali, sembrano essere meno esposti al rischio di diventare selettivi o neofobici.

La durata dell’allattamento è significativamente correlata alla varietà di cibo introdotta (non alla quantità) a due anni di età del bambino e alla varietà di frutta e verdura consumata valutata su diversi gruppi di alimenti:

  • Latte e prodotti caseari;
  • Carne e altre fonti proteiche non provenienti da prodotti caseari;
  • Frutta;
  • Vegetali;
  • Cereali e derivati;
  • Dolci/snack salati.

Bambini esposti a molti tipi di vegetali durante lo svezzamento sono più propensi ad assaggiarne di nuovi, in periodi successive, rispetto ai bambini che ne hanno mangiato solo un tipo.

Alcuni autori suggeriscono un periodo finestra tra i 4 e i 6 mesi in cui l’introduzione di vegetali facilità l’accettazione in tempi successive di nuovi cibi.

I genitori espongono i bambini a un cibo sgradito un numero decisamente minore di volte (meno di cinque volte) prima di decidere che quel cibo non è gradito al bambino È anche frequente che i cibi maggiormente offerti siano quelli che il bambino mostra subito di apprezzare.

Il percorso diagnostico per affrontare questi disturbi comprende:

  • Colloquio con i genitori, con richiesta di esplicitazione del problema
  • Valutazione nutrizionale
  • Indagini volte ad escludere patologie organiche come intolleranze alimentari, reflusso gastroesofageo, malassorbimento intestinale, alterazioni del metabolismo se necessarie
  • Valutazione psicologica

Inoltre, è fondamentale fornire alle famiglie un supporto adeguato nella gestione dell’alimentazione del bambino, fornire conoscenze più precise sui periodi di sviluppo alimentare del bambino. In alcune fasi il rifiuto è normale, fornire supporto e indicazioni alle madri sulle strategie di gestione del rifiuto alimentare da parte del bambino,  percorsi specifici di psicoterapia individuale e/o familiare.

Bisogna far capire ai genitori che non bisogna impedire al bambino di toccare il cibo perché questo lo aiuta a conoscerlo e familiarizzare con lui; devono inoltre provare inserire sulla tavola più colori possibili e consumare un pasto al giorno insieme a tutta la famiglia perché l’esempio dei genitori è molto importate per i bambini; i bambini rifiuteranno di mangiare un alimenti che un adulto accanto a lui non mangerà. Inoltre, sarebbe bene far mangiare i bambini insieme a loro pari perché fino a 4-5 anni di età seguono molto il modello dell’imitazione tra simili, quindi mangiare a mensa con altri bambini può spingerlo mangiare un alimento che lui non mangia ma che vede mangiare da altri.

Gli alimenti nuovi vanno sempre proposti ma mai imposti e serviti in piccole porzioni in piatti grandi. Se il bambino è un po’ più grandicello, farlo collaborare alla preparazione del piatto che lui stesso mangerà. Infine, è ovvio che tutti i pasti devono essere consumati con TV e cellulari spenti.

In casa sarebbe opportuno tenere a portata di mano più alimenti salutari rispetto a cibi più appetitosi ma meno salutari.

Se possibile sarebbe opportuno far seguire ai bambini un corso di cucina per bambini in modo che essi possano familiarizzare con il cibo oltre a sperimentare la preparazione di essi.

Infine, è necessario tenere presente che ogni bambino è a sé e che ognuno ha i suoi tempi e gusti personali che vanno capiti e rispettati. Ogni percorso è un percorso con tempistiche diverse e che bisogna rispettare i tempi di ognuno di loro nell’accettare o meno un determinato alimenti senza andare incontro a nervosismo, stress e ansie.