Nutrizione

Bevande zuccherate: attenzione all’aumento di rischio di fibrillazione atriale

Bere, in una settimana, due litri o più di bevande zuccherate, anche con dolcificanti artificiali, espone a un maggior rischio di fibrillazione atriale. È quanto emerge da uno studio che, di contro, ha rilevato come bere circa un litro a settimana di succo puro e non zuccherato di arancia o di verdure si associ a una riduzione del rischio di fibrillazione.

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Disturbi alimentari: sette casi su dieci riguardano gli adolescenti

Una persona su 5 nel mondo e una su 3 in Italia soffre di Disturbi dell’Alimentazione e della Nutrizione (DAN).  Non si tratta semplicemente di abitudini scorrette legate al cibo, ma di disturbi di natura psichiatrica con un’alta frequenza di complicanze mediche, che possono portare anche alla morte. Per questo richiedono un trattamento specifico e la collaborazione tra diverse figure professionali, che si occupino in modo integrato di questi diversi aspetti, psicologico-psichiatrici, nutrizionali e medico-internistici.

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Effetti dello stress sul comportamento alimentare

Nella nostra società, lo stress psicosociale affligge la maggior parte degli individui. La risposta da stress è un fenomeno altamente adattativo che permette all’organismo di mobilizzare le risorse per affrontare un pericolo, sia esso reale o immaginario. Viene rapidamente attivato il sistema simpatico, i cui effetti sono amplificati dall’adrenalina circolante prodotta dalla midollare del surrene. Contemporaneamente si attiva anche l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), con liberazione del cortisolo da parte della midollare del surrene. Il cortisolo sostiene a lungo termine il metabolismo per far fronte all’emergenza.

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Okra: un nuovo arrivato nel nostro orto

Dalla Sicilia alla Lombardia, molte aziende agricole italiane hanno deci-so di puntare su un nuovo ortaggio originario del Corno d’Africa e del Medio Oriente: si tratta dell’Okra, un ortaggio esotico a metà tra un ce-triolo e una zucchina.
La sua fama è legata alle numerose sostanze antiossidanti presenti in es-so e in quantità molto elevate che rallentano l’invecchiamento. Ha un effetto disintossicante grazie alle mucillagini contenute in questo ortag-gio che trattengono l’acqua e lubrificano l’intestino, favorendo l’eliminazione delle scorie e delle tossine.
Ma oltre ai benefici estetici che questo ortaggio ci può dare, ci sono an-che proprietà favorevoli per la salute. Primo fra tutti dobbiamo menzio-nale l’elevato contenuto di vitamina A, C e K dell’okra e proprio grazie a quest’ultima, l’okra viene usata per rinforzare le ossa. Ma non è da sot-tovalutare la sua elevata concentrazione anche di acido folico, utile so-prattutto alle donne in gravidanza.
Per quanto riguarda i sali minerali, l’okra è un’ottima fonte di magnesio, calcio, zinco e ferro. Diversi studi, inoltre, hanno dimostrato che l’okra è utile nel tenere sotto controllo il diabete e i trigliceridi nel sangue, perché ne rallenta l’assorbimento intestinale.
Si usi culinari che si possono fare di questo nuovo ortaggio sono diversi. Si può usare in minestre o gu-stato per intero crudo o cotto, il cui sapore è molto simile a quello degli asparagi.

Dieta, obesità e steatosi epatica

Ormai è scientificamente provato che l’alimentazione ha un ruolo impor-tantissimo nella prevenzione di molte patologie. Basti pensare al fatto che un’alimentazione scorretta con un’eccessiva introduzione di energia causa l’insorgenza di una condizione ormai tristemente nota come “sindrome metabolica”, caratterizzata da disordini metabolici come di-slipidemie, obesità, diabete di tipo II, ipertensione e malattie cardiova-scolari. Tra gli ingredienti responsabili di queste condizioni vi sono i lipidi. I lipidi svolgono molte funzioni fondamentali per l’organismo, come ad esempio la costituzione delle membrane cellulari, subcellulari e delle guaine mieliniche; sono i precursori di ormoni, vitamine e prostaglandine; agiscono come isolanti termici; proteggono e sosten-gono gli organi; modellano il corpo in relazione alla distribuzione del tessuto adiposo.
Ma i lipidi, se assunti in quantità eccessive, sono anche la causa di numerose patologie dismetaboliche, tra cui l’obesità e la steatosi epatica, e sono il principale fattore di rischio per le malattie cardiovascola-ri, come l’aterosclerosi e la coronaropatie. Diversi studi, infatti, hanno dimostrato la correlazione tra una dieta ricca di acidi grassi saturi e l’insorgenza di obesità e steatosi epatica. L’accumulo di lipidi nel fegato è dovuto ad una inibizione dell’ossidazione degli acidi grassi epatici che potrebbe essere asso-ciata a una diminuzione dell’efficienza respiratorie mitocondriale. È noto, infatti, che una dieta ad alto contenuto di acidi grassi insaturi ha un effetto disaccoppiante sui mitocondri, riducendone l’efficacia respiratoria e aumentando la produzione di specie radicaliche reattive.
Ma, di contro, vi è l’evidenza scientifica che dimostra che acidi grassi polinsaturi, invece, come l’EPA e il DHA, contrastino lo sviluppo di steatosi epatica. Pertanto, la restrizione calorica o l’integrazione con acidi grassi polinsaturi della serie omega-3 hanno un enorme potenziale terapeutico nel trattamen-to e nell’accumulo di lipidi nel fegato.

Ipertensione arteriosa e obesità

L’ipertensione arteriosa ha origini multifattoriali: genetiche, ambientali, comportamentali ed anche sociali, ma l’obesità e uno dei più comuni ed importanti fattori di rischio per il suo sviluppo. Indipendentemente dalla sua eziologia, l’ipertensione arteriosa obesità-correlata e un fattore di rischio molto diffuso ed altamente significativo per lo sviluppo di tutte le varie manifestazioni della malattia cardiovascolare, quali la malattia coronarica, l’ictus, l’insufficienza cardiaca ed aortica, la malattia arteriosa periferica e la malattia valvolare cardiaca.

L’ipertensione obesità-correlata e un importante problema di salute pubblica, e dato che la prevalenza di obesità aumenta la prevalenza di ipertensione arteriosa, aumenta di conseguenza anche il rischio cardiovascolare associato.

La pandemia dell’obesità e da tempo diventata fatto di comune conoscenza, tanto da essere riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come problema emergente di salute mondiale, anche perché si accompagna, all’aumentata prevalenza di sindrome metabolica e diabete mellito di tipo 2 (DM2). In particolare, l’obesità infantile desta enorme preoccupazione poiché ha ormai raggiunto livelli allarmanti: nel 2010 circa 43 milioni di bambini sotto i 5 anni sono stati stimati in sovrappeso, e di questi circa 35 milioni vivono in paesi in via di sviluppo. Vi sono evidenze che indicano come questo comporti un aumento dei valori pressori fin dalla più giovane età, con conseguente aumento di prevalenza di ipertensione arteriosa in quella che sarà la popolazione adulta dei prossimi anni.

Si e stimato che almeno un 75% dei casi di ipertensione arteriosa essenziale possa essere attribuibile al fenotipo sovrappeso/obesità: la grande maggioranza degli ipertesi infatti e in sovrappeso o e obeso2,3 ed e noto che l’eccessivo aumento di peso predispone allo sviluppo di ipertensione arteriosa in tempi successivi. Infatti, soggetti in sovrappeso hanno un rischio di diventare ipertesi di 6 volte superiore rispetto ai soggetti normopeso.

Fisiopatologia dell’ipertensione arteriosa nell’obesità

La fisiopatologia dell’ipertensione arteriosa associata all’obesità e complessa e multifattoriale ed una sua comprensione aiuta fondamentalmente nell’inquadrare il problema dell’obeso iperteso. Per la natura stessa di queste raccomandazioni, si è scelto di dare ampio spazio solamente alla fisiopatologia che abbia dei risvolti importanti nella gestione clinica dei pazienti.

L’ipertensione arteriosa correlata all’obesità e una condizione fisiopatologica e clinica caratterizzata dal “fenotipo obeso iperteso” che richiede specifica attenzione nell’approccio diagnostico e nella gestione terapeutica.

Il motivo di tale considerazione sta nel fatto che la combinazione obesita-ipertensione e molto spesso associata anche ad anomalie metaboliche che si evidenziano con elevati livelli di trigliceridemia, bassi livelli di colesterolemia HDL, elevati livelli di colesterolemia aterogena (colesterolo non-HDL) ed elevata glicemia, configurando un fenotipo ad alto rischio di sviluppare malattie cardiovascolari e DM2. Il sovrappeso corporeo e l’obesità si associano in genere ad una vera e propria disfunzione del tessuto adiposo, caratterizzata da un aumento di dimensioni di adipociti gia ipertrofici, aumentata infiltrazione di macrofagi e marcati cambiamenti nella secrezione di adipochine e acidi grassi liberi (FFA). Ciò si traduce in cronica infiammazione di basso grado sia nel tessuto adiposo sia in vari altri tessuti (tra cui il fegato e lo stesso cuore) e a livello vascolare/sistemico con anche aumentato stress ossidativo, iperinsulinismo con insulino-resistenza, attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone (SRAA), ridotta efficacia del sistema dei peptidi natriuretici cardiaci e “overdrive” del sistema nervoso simpatico (SNS), tutte condizioni che possono portare ad ipertensione arteriosa e complicanze cardiovascolari.

L’ipertensione arteriosa legata all’obesità ha quindi una genesi multifattoriale (Tabella 3), che rispecchia sostanzialmente l’origine della stessa ipertensione arteriosa essenziale, in quanto almeno il 75% di ipertesi essenziali hanno un eccesso di adipe. I pazienti ipertesi normopeso possono avere obesità viscerale (addominale) e presentare un simile fenotipo: l’ipertensione associata ad eccesso di adiposità non e quindi una forma secondaria di ipertensione arteriosa ma, al contrario, essendo il tipico iperteso “essenziale” un paziente che e in sovrappeso corporeo, si può affermare che l’adiposità in eccesso e una delle caratteristiche fondamentali della comune ipertensione arteriosa essenziale o primaria, per cui tale condizione identifica in genere un paziente con fenotipo ad alto rischio di sviluppare malattie cardiovascolari e DM2.

Tabella 3. Fattori fisiopatologici dell’ipertensione arteriosa associata all’obesità.

Eccesso di varianti geniche ipertensivanti e/o deficit di varianti genetiche ipotensivanti.Eccessivo introito di sale con la dieta e deficit escretorio renale.Interazione tra fattori genetici e dieta nello sviluppo dell’ipertensione arteriosa nell’obeso iperteso.Deficit del sistema natriuretico basato sui peptidi natriuretici cardiaci.Inappropriata accentuazione dell’attività del sistema renina-angiotensina-aldosterone.Aumentata attività del sistema nervoso simpatico e possibile ruolo della leptina.Insulino-resistenza ed iperinsulinemia.Disfunzione adipocitaria e infiammazione cronica di basso grado.

Nei molti decenni di studio sulla genesi della comune ipertensione arteriosa essenziale, il ruolo dell’eccesso di adipe e stato largamente (se non completamente) trascurato e solo pochi gruppi di ricercatori si sono occupati del problema in modo quasi specialistico, considerando gli obesi ipertesi come un sottogruppo a parte, una categoria di pazienti differenti dagli ipertesi essenziali. Al contrario invece, considerando nella loro totalita i pazienti aventi distribuzione dell’adipe di tipo centrale (addominale o viscerale) e possibile affermare che un certo grado di obesità sia una caratteristica comune e fondamentale della maggior parte dei comuni pazienti con ipertensione essenziale.

Valutazione clinica del paziente obeso iperteso

Spesso il riscontro di elevati valori pressori e soltanto uno dei vari fattori di rischio cardiovascolare che richiedono attenzione. Quindi prima di iniziare il trattamento antipertensivo e necessario valutare piu accuratamente i pazienti. I tre principali capisaldi nella corretta valutazione del paziente obeso iperteso sono rappresentati da:

  1. Storia clinica del paziente: „„indagare su precedenti eventi cardiovascolari, quali ictus, attacco ischemico transitorio o demenza; malattia coronarica (infarto miocardico, angina pectoris, rivascolarizzazione coronarica); scompenso cardiaco o eventuali sintomi di disfunzione ventricolare sinistra (dispnea, edema); malattia renale cronica; arteriopatia periferica; diabete; „„indagare sui classici fattori di rischio quali eta; dislipidemia; storia familiare di ipertensione e diabete; microalbuminuria; gotta; fumo di sigaretta; eventuale uso di farmaci antinfiammatori non steroidei per il trattamento di artriti o come terapia del dolore, antidepressivi triciclici, elevate dosi di contraccettivi orali, farmaci contro l’emicrania; farmaci a base di erbe; rimedi popolari o droghe “ricreative” come la cocaina;
  2. Esame obiettivo: misurare la pressione arteriosa con strumenti da braccio validati; misurare peso, altezza e circonferenza vita; calcolare BMI; ricercare eventuali segni di scompenso cardiaco (dispnea, edemi declivi, distensione delle giugulari, epatomegalia); valutare la frequenza cardiaca; ricercare l’eventuale presenza di iperemia congiuntivale, xantelasmi palpebrali; eseguire l’esame neurologico;
  3. Esami di laboratorio/strumentali: su campione di sangue: elettroliti; glicemia a digiuno; creatinina sierica e calcolo della velocita di filtrazione glomerulare (eGFR); profilo lipidico; ematocrito/emoglobina; funzionalita epatica; su campione di urine: albuminuria; presenza di eritrociti o leucociti; indagine strumentale: ECG99.

Menopausa e osteoporosi

Conseguenza importante dell’inizio del periodo menopausale è l’insorgenza dell’osteoporosi che si manifesta nei decenni successivi. L’osteoporosi rappresenta una condizione fisiologica di impoverimento del tessuto osseo, conseguente al progressivo invecchiamento dei tessuti ed è accelerata, nelle donne, dalle modificazioni ormonali che accompagnano la menopausa.

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Quali sono gli integratori alimentari?

Apple full of medicines

Va subito detto che i giovani, e anche i meno giovani, che si dedicano ad attività sportive non hanno bisogno, di regola, di nessun integratore. Gli integratori dovrebbero essere riservati a chi non riesce a soddisfare i propri bisogni nutrizionali con la dieta soltanto. Qualsiasi altro uso deve essere scoraggiato.

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Diabete: la dieta come terapia

La terapia nutrizionale è una componente essenziale per avere successo nella cura del diabete. Infatti, la sfida maggiore nella cura di questa patologia è data dall’adesione del paziente alla dieta.

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