I conservanti sono sostanze che prolungano la durata di conservazione dei prodotti alimentari, proteggendoli da alterazioni causate da particolari microrganismi. Sono efficaci contro batteri, muffe e lieviti responsabili del deterioramento degli alimenti, che li rendono inadatti al consumo oltre a causare possibili infezioni o intossicazioni alimentari potenzialmente mortali.

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Non tutti i conservanti agiscono sia sui batteri che sulle muffe e i lieviti. Questo è il motivo per cui, nella pratica, si addizionano vari tipi di conservanti allo stesso alimento. Tuttavia, è noto che alcuni produttori aggiungono conservanti non necessari e/o in dosi esagerate. Sebbene impediscano lo sviluppo di microrganismi, i conservanti possono non eliminare quelli già presenti: è per questo che continua a essere estremamene importante l’uso di materie prime di qualità e presenza di buone condizioni igieniche e di conservazione.

Conservnati: si o no?

Se alcuni conservanti devono essere vitati, altri possono essere utili, sebbene non siano esenti da tossicità. Il loro uso comporta infatti molto meno rischi rispetto a quelli causati dall’ingestione di alimenti mal cosnervati. Per gli industriali ciò rappresenta un vantaggio da punto di vista monetario, perchèml’aggiunta di conservanti è meno dispendiosa dell’installazione di apparecchiature per trattamenti fisici come il congelamento, la disidratazione o la sterilizzazione. Inoltre, sebbene la legge lo proibisca, l’utilizzo di tali conservanti potrebbe nascondere una qualità igienico sanitaria insufficiente.

Naturalmente l’ideale sarebbe poterci nutrire soltanto con alimenti freschi e naturali, ma riconosciamo che i conservanti ci permettono di ricorrere a piatti pronti e, oltre a ciò, garantiscono una maggiore varietà nella dieta, rendendo possibile il consumo di prodotti stagionali tutto l’anno. In sintesi: conservanti sì, ma purchè siano tecnologicamente indispensabili e usati un dosi che non causino problemi di salute ai consuamtori.

Tipologie

Sono più facilmente riscontrabili all’interno degli alimenti:

Gli acidi deboli (l’acido sorbico e i sorbati e l’acido benzoico e i benzoati)

Grazie alla loro debole acidità, questi conservanti hanno la capacità di attraversare le pareti cellulari dei microrgansimi e inoltre di combatterne lo svilippo, fino a bloccarlo.

Gli esteri dell’acido paraideossibenzoico (E214, E215, E218 e E219)

Questi conservanti, chiamati anche parabeni, sono impiegati rarmente perchè costosi e limitati a un certo tasso di acidità. Inoltre, la concentrazione necessaria per l’effetto conservante può modificare il sapore dei prodotti alimentari. Sono stati osservati alcuni casi di allergia, che si manifesta con la parestesia a livello della bocca. Gli studi relativi alla teratogenicità orale di questi additivi hanno dato risultati equivoci. L’E216 e l’E217 sono stati ritirati dall’elenco comunitario.

Anidride solforosa e i solfiti (E220, E224, E226, E227 e E228)

I solfiti sono largamente utilizzati dall’industria alimentare per il loro ampio spettro d’azione. Si utilizzano come conservanti e antiossidanti per:

  • Intensificare il colore rosso delle salsicce e, nello stesso tempo, impedire la trasformazione della mioglobina in metamioglobina per ossidazione;
  • Garantire una migliore conservazione del vino, mantenendone aroma e freschezza;
  • Sterilizzare le apparecchiature di fermentazione e i contenitori del vino;
  • impedire la decolorizzazione dovuta all’ossidazione;
  • inibire l’imbrunimento enzimatico delle patate o dei frutti sbucciati;
  • inibire l’imbrunimento non enzimatico delle verdure chiare in scatola, dei vini bianchi , della frutta essiccata e dello zucchero;
  • aumentare la qualità degli impasti alimentari e dei prodotti di panetteria e di pasticceria;
  • impedire la distruzione della vitamina C.

Si trovano soprattutto nella frutta essiccata (albicocche, prugne, pesche, uva, fichi e banane). Si stima che l’ingestione quotidiana di solfiti raggiunga i 2-3 mg se i pasti sono stati preparati in casa, mentre ogni bicchiere di birra e soprattutto di vino aggiunge almento 15-30 mg di tali additivi. Un pasto consumato al ristorante può contenere dai 25 ai 200 mg di solfiti, senza considerare il vino. Eppure la D.G.A. per un uomo di 70 kg è di soli 49 mg.

Bisogna inoltre ricordare che i solfiti neutralizzano la vitamina B1, motivo per cui non dovrebbero essere incorporati negli alimenti ricchi di questa sostanza (per esempio carne, cereali e latticini), essenzial per il metabolismo degli zuccheri e per il buon funzionamento del sistema nervoso.

L’utilizzo dei solfiti nei prodotti carnei può ingannare il consumatore: riduce il valore nutrizionale degli alimenti e, intensificandone il colore rosso, consentono di dare un aspetto fresco a prodotti con una qualità igienica dubbia o addirittura pericolosa.

I solfiti scatenano frequentemente reazioni pseudoallergiche, principalmente negli asmatici, nelle persone con intolleranza all’acido acetilsalicilico, con polipi nasali o affette da orticaria cronica. L’intolleranza può manifestarsi con crisi d’asma, orticaria, eczema, arrossamenti, mal di testa, nausea, iarrea, ipotensione e edema di Quincke. In casi estremi può causare perdita di coscienza, arresto respiratorio, shock anafilattico e perfino la morte. I solsolfiti sono inoltre responsabili della distruzione della vitamina B1 (o tiamina) o di irritazioni allo stomaco.

Le persone sensibili ai solfiti corrono rischi dalla gravitò iprevedibili, viste le dosi con cui è possibile trovarli abitualmente in certi alimenti e bevande. Corre il rischio di superare la D.G.A. in solfiti chi consuma con frequenza piatti pronti, chi va regolarmente al ristorante o beve vino o birra tutti i giorni. Pertanto, è consigliabile limitare al massimo il consumo di qeusti additivi, optando per prodotti freschi e preferendo i vini rossi, che, in generale, ne contengono in quantità più ridotta.

Nitrati e nitriti (da E249 a E252)

I nitriti e i nitrati vengono addizionati ai prodotti alimentari principalmente per:

  • contrastare lo sviluppo del Clostridium botulinum, un batterio molto pericoloso la cui tossina termoresistente è la responsabile del botulino (che può rivelarsi fatale) e del Clostridum perfringens, a sua volta responsabile di tossinfezioni alimentari;
  • impedire lo sviluppo del Clostridium butyricum, responsabile di una ventilazione eccessiva che distrugge la struttura dei formaggi e pasta dura e semidura (formazione di fori/gonfiore tardivo);
  • intensificare il colore rosso delle carni e dei prodotti di salumeria, trasformando la mioglobina dei muscoli in un complesso stabile, la nitrosomioglobina;
  • conferire un aroma particolare.

Si trova in diversi alimenti, soprattutto nella frutta essiccata come albicocche, prugne, pesche, uva, fichi e banane, nel vino e nella birra, specie se consumati in eccesso, nei prodotti a base di carne, di formaggio e in alcune conserve di pesce.

La D.G.A. in nitriti è facile da raggiungere: è sufficiente che un uomo di 70 kg consumi 100 g di prodotti di salumeria. Tuttavia, è utile sapere che gli additivi alimentari costituiscono solamente la terza fonte di nitriti. Le due fonti principali sono l’acqua da bere e le verdure trattate con concimi azotati (carote, spinaci, fagiolini, barbabietole, sedano e ravanelli).

I nitriti sono molto reattivi e dotati di numerosi effetti tossici. Possono modificare la struttura dell’emoglobina dei globuli rossi, ostacolandone il trasporto dell’ssigeno. Il risultato può essere una metaemoglobinemia, caratterizzata da sintomi di asfissia e cianosi delle mucose che può condurre alla morte. Questa malattia è relativamente rara nell’adulto, protetto da tre meccanismi differenti di difesa: l’acidità gastrica, che limita l’attività riducente della flora dello stomaco, i nutriti che possono essere ossidati e quindi trasformati in nitrati e la presenza di tre sistemi enzimatici di riduzione che rigenenrano l’emoglobina a partire dalla metaemoglobina. i neonati, invece, sono molto più esposti alla metaemoglobinemia. Durante i primi mesi di vita, l’emoglobina è facilmente ossidabile e sono in grado di trasformare rapidamente i nitrati in nitriti, dato che il pH dello stomaco si avvicina alla neutralità. Per questo motivo questi additivi sono proibiti nei prodotti destinati all’alimentazione per lattanti.

Un secondo effetto collaterale è la presenza di nitrosammine, sostanze cancerogene formate a partire da nitriti e ammine secondarie (composti orgnaici provenienti dalla degradazione delle proteine). Gli alimenti che ne contengono di più sono i derivati della carne, conservati per mezzo dell’azione simultanea di salagione e di nitriti, certi tipi di formaggi e birra. Le nitrosammine possono anche essere prodotte durante il riscaldamento dei prodotti contenenti carne con un alimento ricco di ammine, come il formaggio (per esempio un toast con formaggio e prosciutto o a una pizza con mozzarella e prosciutto). I nitriti possono inoltre reagire a livello dello stomaco con le ammine secondarie presenti negli alimenti, formando così nitrosammine.

I nitrati, originariamente molto stabili e non tossici, possono essere trasformati in nitriti dalla flora batterica intestinale e della bocca (soprattutto in casi di enteriti gravi che causano lo sviluppo di una flora nitrogena molto attiva). D’altra parte, le cattive condizioni di conservazione potrebbero, ugualmente, favorire questa trasformazione.

Sui nitriti gravano pesanti accuse anche per quanto riguarda le reazioni istaminiche (mal di testa, diarrea, arrossamenti, orticaria e ostruzioni dei bronchi), perchè aumentano la permeabilità della parete intestinale e favoriscono il passaggio dell’istamina nel sangue.

I nitriti e i nitrati hanno un effetto vasodilatatore e ipertensore. Provocano inoltre la distruzione della vitamina A, B1 e B2 negli alimenti stessi.

Nonostante gli effetti tossici, i nitriti sono importanti per la conservazione di alcuni prodotti carnei e per impedire lo sviluppo di microrgansimi anche mortali.

Usati come additivi, i itriti hanno effetti antibatterici benefici perchè prevengono la proliferazione di batteri anche mortalo nei prodotti a base di carne. Di conseguenza, è difficile farne totalmente a meno: tuttavia, è auspicabile che l’idustria trovi delle alternative e, nel frattempo, tenuto conto del rischio di metaemoglobinemia e di formazione di nitrosammine, è necessario limitare il consumo i questi alimenti.

a cura della dott.ssa Roberta Graziano