L’assunzione ravvicinata per via orale di cibo e farmaci determina la concreta possibilità che a livello dell’apparato digerente si verificano interazioni, talora molto pericolose. Alcuni farmaci, infatti, sono in grado di alterare assorbimento e metabolismo di certi farmaci con conseguenze anche gravi.
Thank you for reading this post, don't forget to subscribe!Si possono verificare interazioni nelle quali l’alimento modifica gli effetti farmacologici attesi del farmaco o il farmaco modifica gli effetti nutritivi degli alimenti o il comportamento alimentare.
L’assunzione del cibo, in generale, e di alcuni alimenti in particolare può interferire con diversi meccanismi d’azione che costituiscono le vie attraverso cui agiscono i farmaci, migliorandone l’assorbimento e le tollerabilità o compromettendo l’efficacia e la sicurezza.
Tra le azioni prodotte da alcuni cibi si annovera il rallentamento dello svuotamento gastrico, l’aumento della motilità intestinale, la modifica del pH luminale e la stimolazione della secrezione gastrica, biliare e pancreatica. Ciò può influenzare la stabilità, la solubilità e/o l’assorbimento di alcuni farmaci, diminuire l’assorbimento intestinale dei farmaci facilmente solubili o aumentare quello dei meno solubili. Alcuni elementi dei cibi possono complessare il farmaco modificandone l’attività. Possono competere per i trasportatori che ne mediano l’assorbimento o modulare gli enzimi che metabolizzano il farmaco, riducendone o aumentandone i tempi d’azione. In generale, quindi, esiste la possibilità che gli alimenti possano modificare la farmacocinetica e la farmacodinamica e provoca severi effetti collaterali.
Pur rimanendo il lettore a testi specifici per una comprensione più approfondita dell’argomento, citiamo alcuni esempi emblematici.
Il pH acido delle secrezioni gastriche indotte dall’assunzione del cibo può degradare alcuni farmaci (penicillina). I pasti riducono drasticamente l’assorbimento di alcuni diuretici (furosemide, bumetanide), di immunosoppressori (tacrolimus), di farmaci per l’osteoporosi (bifosfonati). La presenza di grassi aumenta la biodisponibilità di alcune classi di farmaci (ciclosporine, antiretrovirali, ecc.). L’assunzione con il cibo può accelerare il rilascio dei farmaci “retard”, predisposti per il rilascio lento (teofillina). L’assunzione insieme ai latticini, ricchi di cationi bivalenti con azione chelante, riduce l’efficacia di alcuni composti (chinolonici, tetracicline, bifosfonati).
Le verdure a foglia larga e alcune brassicacee con elevato contenuto di vitamina K possono interferire, anche in maniera pericolosa, con le terapie anticoagulanti a base di cumarinici (warfarin).
Gli ortaggi ricchi di glucosinolati o tioglucosidi (brassicacee, fagioli, soia, ma anche il caffè), sebbene siano notevolmente utili nella maggior parte dei soggetti per il loro potenziale nutraceutico, sono anche goitrogeni in quanto interferiscono con l’assorbimento dello iodio. Analogamente interferiscono con i farmaci usati nel trattamento dell’ipotiroidismo (L-T4 o levotiroxina).
La liquirizia contiene glicirrizina e l’acido glicirretico, che possono interferire con i farmaci antipertensivi e antiaritmici.
Di notevole importanza è l’interazione dei alcuni alimenti con i meccanismi di metabolizzazione, detossificazione e smaltimento delle sostanze xenobiotiche, ed in particolare dei farmaci. Oltre il 75% dei farmaci introdotti nell’organismo viene metabolizzato da enzimi che appartengono alla famiglia del citocromo P450, tra i quali principalmente CYP3A3 e CYP1A2; enzimi che, per effetto di una notevole variabilità genetica, sono dotati di differente velocità di metabolizzazione e determinano la sensibilità soggettiva alla terapia farmacologica. Alcune sostanze presenti negli alimenti possono interferire in maniera significativa con l’azione dei citocromi. Tra gli enzimi più efficienti nella detossificazione dei farmaci va citato il citocromo CYP3A4 (taurochenodeossicolato 6α-idrossilasi) espresso prevalentemente a livello epatico. Questo enzima è particolarmente sensibile alle furanocumarine (bergamorrina e diidrossibergamottina) e ai bioflavonoidi (naringina, naringenina e quercitina) particolarmente abbondanti nel pompelmo. Queste sostanze inibendo la normale metabolizzazione di alcuni farmaci di diverse classi (antibiotici, antistaminici, antimicotici, antipertensivi, antiaritmici, calcioantagonisti, corticosteroidi, innunodepressori, neurologici, farmaci per la disfunzione erettile, inibitori della pompa protonica e statine), ne incrementano pericolosamente l’efficacia anche fino a 10 volte, come per ,ovastatina e simvastatina.
Al contrario, l’azione del citocromo CYP3A4 è potenziata da alcune sostanze contenute nell’iperico (Hypericum perforatum), una pianta officinale con uso antidepressivo. In questo caso la metabolizzazione di farmaci è talmente accelerata da renderli inefficaci. È il caso delle ciclosporine e di alcuni contraccettivi orali.
Lungi dall’essere esaustiva questa carrellata ha principalmente lo scopo di suggerire che nel delineare un regime alimentare si faccia attenzione a prevenire il verificarsi di tali interazioni.