La perdita di peso durante il digiuno ha un andamento complesso perché né il valore calorico del tessuto perduto né il consumo energetico rimangono costanti.

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Durante un digiuno totale prolungato le perdite di peso e di azoto avvengono con una velocità grosso modo proporzionale al peso corporeo e alla massa grassa. Uomini non obesi possono perdere 4 kg durante i primi 5 giorni di digiuno e ulteriori 3 kg nei 5 giorni successivi, mentre gli individui estremamente obesi possono perdere il 50% in più di questo valore. È stato riportato il caso estremo di un paziente che presentava un peso iniziale di 245 kg e che perse 32 kg dopo 30 giorni di digiuno.

Nei periodi iniziali del digiuno è soprattutto la perdita di acqua e non quella di grasso a render ragione dalla diminuzione del peso. Circa il 65% dell’acqua perduta durante i primi 3 goni di digiuno proviene dal comportamento extracellulare. Questa mobilizzazione rapida di acqua extracellulare è causata da un mancato apporto alimentare e da una caduta del riassorbimento tubulare del sodio. È presente anche una perdita di acqua intracellulare legata alla diminuzione del tessuto magro (19-25  g di acqua per grammo di N), del glicogeno epatico (2-3 g di acqua per grammo di glicogeno) e, in misura minore, del glicogeno muscolare.

Dopo 3 giorni, la situazione del glicogeno si stabilizza e, in un paio di settimane, il bilancio dei fluidi raggiunge un equilibrio. A questo punto la perdita di peso diminuisce fortemente perché ora è dovuta principalmente alla massa grassa, mentre le perdite di massa magra sono fatte diminuire dl risparmio proteico ed energetico che si instaura come risposta al digiuno. Dopo 3 settimane, il calo di peso di una persona moderatamente obesa è pari a ≈350 g.d-1. La velocità della perdita di peso continua a diminuire con la diminuzione del tessuto magro. Per riassumere, durante i primi giorni, si ha un aumento della diuresi e la perdita di peso è elevata, ma la quantità di energia per unità di peso perduto è relativamente bassa. Quando il digiuno si prolunga per una o due settimane e il bilancio idroelettrico si riequilibra, il valore calorico per unità di peso perduto diventa più elevato.

Durante il digiuno, si hanno notevoli perdite di azoto che diminuiscono con il progredire della situazione, da ≈13 g.d-1 a ≈5 g.d-1 ; ciò riflette un rallentato catabolismo proteico e il rapporto tra urea e ioni ammonio si sposta in favore di questi ultimi. Negli animali, sono dimostrabili diverse fasi durante il digiuno: nella prima, si ha la perdita di notevoli quantità di azoto accompagnata da un elevato livello di 3-metilistidina urinaria, il che indica un’alta velocità del catabolismo delle proteine miofibrillari. Nella fase di mezzo, c’è una bassa perdita d’azoto e nella terza la proteolisi aumenta di nuovo.

Le risposte metaboliche al digiuno sono sapientemente orchestrate in maniera da fornire energia da sostanze il cui consumo danneggi il meno possibile gli organi vitali. Il catabolismo è regolato in modo che le riserve di carboidrati, amminoacidi e lipidi prelevati dai vari depositi equilibrino esattamente le richieste energetiche del corpo nel suo insieme. Poiché le riserve di carboidrati si esauriscono molto presto, l’organismo utilizza proteine e lipidi a scopo energetico e riduce il consumo energetico totale.