La normativa sull’etichettatura del prodotto gluten free nel corso degli anni ha subito delle modificazioni.

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Come previsto dal Codex Alimentarius, il regolamento definisce “senza glutine” i soli prodotti con contenuto in glutine inferiore a 20 ppm. Il provvedimento, inoltre, consente la definizione “sena glutine” anche per i prodotti destinati al consumatore generale che rispettino, comunque, il limite di 20 ppm.

I prodotti alimentari di consumo corrente che sono conformi alle disposizioni del provvedimento (glutine < 20 ppm) possono essere commercializzati con la dicitura “senza glutine” ma l’apposizione di tale dicitura, per i prodotti di libero commercio, è facoltativa, mentre resta obbligatoria per i prodotti dietetici.

Questi ultimi, cioè i prodotti sostitutivi di quelli che hanno il glutine tra gli ingredienti caratterizzanti (pasta, pane, pizza, biscotti, prodotti da forno in generale, ecc.) per cui l’azienda voglia dichiarare l’assenza di glutine, continueranno a ricadere obbligatoriamente nel campo di applicazione del decreto legislativo 111/92 concernente i prodotti alimentari destinati ad un’alimentazione particolare.

Non sono previsti cambiamenti per quanto riguarda i prodotti dietetici.

Altro elemento innovativo introdotto dal regolamento è la definizione “con contenuto di glutine molto basso” per i prodotti dietetici con contenuto di glutine tra i 21 e 100 ppm, riconosciuti come idonei alle persone intolleranti al glutine. Tale definizione non è destinata ai prodotti di consumo generale.

Secondo la direttiva Allergeni, è obbligatorio riportare l’indicazione della presenza di glutine (o del cereale di derivazione) solo qualora questo sia presente come ingrediente. Si fatto, molte aziende utilizzano la scritta “può contenere tracce di glutine” per indicare una potenziale presenza di glutine per contaminazione accidentale.

Anche per quanto riguarda i prodotti alimentari idonei ai celiaci l’etichettatura segue il regolamento CE 41/2009. A completamento, il Ministero della Salute ha redatto una Circolare contenente alcuni elementi esplicativi. Eccoli in dettaglio:

  • La dicitura “senza glutine” è di natura volontaria e quindi qualsiasi prodotto del libero commercio può riportarla in etichetta a patto che l’Azienda rispetti il limite dei 20 ppm;
  • I prodotti dietoterapici senza glutine ricadono obbligatoriamente nel campo di applicazione del D.lgs 111/92, che attua la direttiva 89/398/CEE, concernente i prodotti alimentari destinati ad un’alimentazione particolare;
  • I prodotti naturalmente senza glutine, quali ad esempio frutta, verdura, carne, pesce, latte e uova tal quali non devono utilizzare il claim “senza glutine”, poiché per loro natura non contengono glutine;
  • Possono essere definiti “senza glutine” i prodotti che rispettano la soglia dei 20 ppm e tutti i prodotti ottenuti con l’impiego di materie prime che derivano dai cereali vietati purché garantiscano un contenuto inferiore/uguale a 20 ppm nel prodotto finito;
  • I prodotti con “contenuto di glutine molto basso” hanno un contenuto in glutino compreso tra 21 a 100 ppm. Tali prodotti non sono ammessi nel Registro Nazionale degli Alimenti e non sono erogabili dal Sistema Sanitario Nazionale;
  • I prodotti che hanno un contenuto in glutine superiore a 100 ppm rimangono non ammessi per celiaci;
  • Gli alimenti per uso corrente possono riportare in etichetta la dicitura “senza glutine” se l’azienda è in grado di assicurare sia l’assenza di ingredienti derivati da cereali contenenti glutine che l’assenza di potenziali fonti di contaminazione durante il processo produttivo. Dunque, l’azienda deve adeguare il proprio piano di autocontrollo specificamente allo scopo di garantire nel prodotto finito il valore di 20 ppm.

Un elenco dettagliato e aggiornato di tutti i prodotti idonei è pubblicato nel Prontuario degli alimenti (redatto periodicamente dall’Associazione Italina Celiachia) in versione cartacea e online, oltre che come Prontuario mobile e sistema di allerta via web e Televideo Rai.

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